Giulio Mazzarino, figlio di un piccolo proprietario terriero siciliano, riuscì con straordinaria abilità a divenire primo ministro di uno dei maggiori stati d'Europa; ebbe il titolo di cardinale, fu in gioventù soldato e diplomatico, e non fu mai prete; fu un uomo di stato di eccezionale intelligenza, che seppe conservare il potere per quasi vent'anni malgrado le inimicizie, i complotti, le gelosie, le calunnie, le violenze. Pierre Goubert, delineandone la carriera, gli obiettivi politici, i trionfi e le sconfitte, fa giustizia dei numerosi luoghi comuni tramandati sul personaggio dalla storiografia e dalla letteratura. Giulio Mazzarino non fu solo un abile uomo di potere, ma un politico che affronto con successo il difficile compito di consolidare le istituzioni dello stato che governava: una Francia ricca ma divisa in culture regionali gelose della propria autonomia fino alla ribellione; una società articolata e complessa, dominata da un'aristocrazia potente in grado di opporsi al re con le armi. A Luigi XIV, di cui fu padrino, Mazzarino lasciò uno stato ormai sotto il saldo controllo dell'autorità reale, e gli impartì un'educazione politica le cui tracce dovevano segnare in profondità il modo di governare del Re Sole: «Nel segreto del proprio studio», dice Goubert, «gli fece conoscere, con gli intrighi della corte, l'Europa dei principi e dei diplomatici, delle matasse da sbrogliare, delle coscienze da comprare; gli insegnò la padronanza di sé, la necessità di fare pazientemente assegnamento sul tempo, l'opportunismo, l'insensibilità; e l'imperiosa necessità di governare solo». Erede politico di Richelieu, Mazzarino fu qualcosa di più che l'abile continuatore del disegno politico del «grande cardinale»: sotto la sua guida la Francia si affermò definitivamente come potenza europea. «Mazzarino», osserva Goubert, «aveva portato a termine l'opera di Richelieu; ma va risolutamente osservato e proclamato apertamente che senza l'italiano non vi sarebbe stata alcuna opera di Richelieu. Non vi fu un "grande cardinale", ve ne furono due.»
Pierre Goubert, delineandone la carriera, gli obiettivi politici, i trionfi e le sconfitte, fa giustizia dei numerosi luoghi comuni tramandati sul personaggio dalla storiografia e dalla letteratura.
Giulio Mazzarino non fu solo un abile uomo di potere, ma un politico che affronto con successo il difficile compito di consolidare le istituzioni dello stato che governava: una Francia ricca ma divisa in culture regionali gelose della propria autonomia fino alla ribellione; una società articolata e complessa, dominata da un'aristocrazia potente in grado di opporsi al re con le armi.
A Luigi XIV, di cui fu padrino, Mazzarino lasciò uno stato ormai sotto il saldo controllo dell'autorità reale, e gli impartì un'educazione politica le cui tracce dovevano segnare in profondità il modo di governare del Re Sole: «Nel segreto del proprio studio», dice Goubert, «gli fece conoscere, con gli intrighi della corte, l'Europa dei principi e dei diplomatici, delle matasse da sbrogliare, delle coscienze da comprare; gli insegnò la padronanza di sé, la necessità di fare pazientemente assegnamento sul tempo, l'opportunismo, l'insensibilità; e l'imperiosa necessità di governare solo».
Erede politico di Richelieu, Mazzarino fu qualcosa di più che l'abile continuatore del disegno politico del «grande cardinale»: sotto la sua guida la Francia si affermò definitivamente come potenza europea. «Mazzarino», osserva Goubert, «aveva portato a termine l'opera di Richelieu; ma va risolutamente osservato e proclamato apertamente che senza l'italiano non vi sarebbe stata alcuna opera di Richelieu. Non vi fu un "grande cardinale", ve ne furono due.»